sabato 6 ottobre 2012
padri nobili
E.Zola, Il Romanzo Sperimentale,1880.
Ciò che mi ha fatto scegliere l'Introduzione è il fatto che la medicina da molti è ancora considerata un'arte. Claude Bernard le conferisce uno statuto scientifico e nelle sue pagine assistiamo alla nascita di una scienza, spettacolo assai istruttivo in se stesso e che inoltre dimostra come il dominio della scienza si estenda e conquisti tutte le manifestazioni della intelligenza umana. Dal momento che la medicina, che era un'arte, diventa una scienza perché la letteratura non potrebbe diventare anch'essa una scienza, grazie al metodo sperimentale?
Occorre considerare che tutto è collegato, che se il terreno proprio del medico sperimentale è il corpo dell'uomo nei fenomeni dei suoi organi, in condizioni normali e patologiche, il terreno proprio di noi romanzieri naturalisti è ugualmente il corpo dell'uomo nei suoi fenomeni mentali e passionali, allo stato normale e morboso. .. Perciò facciamo il nostro ingresso nella scienza. [...]
Del resto lo stesso Claude Bernard ha tracciato la linea di sviluppo della mente umana. "La mente umana, - egli scrive - nelle diverse fasi della sua evoluzione, è passata successivamente attraverso il periodo del sentimento, della ragione e dell'esperimento. In principio il sentimento, imponendosi da solo alla ragione, creò le verità di fede, cioè la teologia. In seguito la ragione, cioè la filosofia, diventò la sua guida e generò la scolastica. L'esperimento infine, cioè lo studio dei fenomeni naturali, insegnò all'uomo che le verità del mondo esterno non risiedono nel sentimento o nella ragione. Questi possono esserci di guida ma per giungere a quelle verità bisogna penetrare nella verità obiettiva delle cose in cui esse si trovano nascoste nella loro forma fenomenica. Così, col naturale evolversi delle cose, sorse il metodo sperimentale che, come vedremo, si basa di volta in volta su ognuno dei tre pilastri di questo tripode perenne: il sentimento, la ragione, l'esperimento. Nella ricerca della verità, l'iniziativa spetta sempre al sentimento che fa nascere l'idea a priori o l'intuizione; dopo, la ragione o il ragionamento sviluppano questa idea e ne deducono le logiche conseguenze. Ma se è vero che il sentimento deve essere illuminato dalla ragione, è altrettanto vero che la ragione deve essere sempre guidata dall'esperimento". [... ]
In ciò sta il nucleo della nostra polemica con gli scrittori idealisti. Il loro punto di partenza poggia sempre su una base irrazionale qualsiasi, si tratti della rivelazione, della tradizione, dell'autorità stabilita. Scrive Claude Bernard che non bisogna ammettere niente di occulto: non vi sono che fenomeni e cause di fenomeni. Noi scrittori naturalisti sottoponiamo ogni fatto all'osservazione ed all'esperimento, mentre gli scrittori idealisti ammettono forze misteriose che sfuggono all'investigazione e perciò restano ignote, al di fuori delle leggi della natura. Il problema di una rappresentazione ideale del mondo si riduce, dal punto di vista scientifico, al problema dell'indeterminato e del determinato. Ciò che non conosciamo, che ancora ci sfugge, è l'ideale, e lo scopo del nostro sforzo di uomini è di restringerne il campo ogni giorno, conquistando la verità sull'ignoto. Siamo tutti idealisti, se si intende con ciò che tutti noi ci occupiamo dell'ideale. Ma chiamo idealisti quelli che si rifugiano nell'ignoto per il piacere di esservi, che hanno interesse solamente per le ipotesi più fantasiose, che essi rifiutano di sottoporre alla verifica dell'esperimento, con la pretesa di possedere essi stessi, e non le cose, la verità. La loro opera è, lo ripeto, inutile e nociva, mentre l'osservatore e lo sperimentatore sono i soli a lavorare per la potenza e la felicità dell'uomo, rendendolo a poco a poco padrone della natura. Non vi è grandezza, né dignità, né bellezza, né moralità del non conoscere, nell'inventare falsità, nel pretendere che si è tanto più grandi quanto più si cresce nell'errore e nella confusione. Le sole opere grandi e morali sono le opere veritiere. [...]
Non siamo né chimici né fisici né fisiologi ma romanzieri che si avvalgono della scienza. Non abbiamo davvero la pretesa di fare delle scoperte in fisiologia, che del resto non pratichiamo, ma solamente, prima di studiare l'uomo, crediamo di non poterci esimere dal tener conto delle recenti scoperte della fisiologia. Aggiungerò che i romanzieri sono certamente i lavoratori che si avvalgono di un maggior numero di scienze umane perché trattano di tutto e tutto devono sapere, essendo divenuto il romanzo un'indagine complessiva sulla natura e sull'uomo. Perciò siamo stati spinti ad applicare al nostro lavoro il metodo sperimentale dal momento in cui esso è divenuto lo strumento di ricerca più efficace..
È chiaro che sto qui parlando del come delle cose e non del loro perché. Per uno scienziato sperimentale, l'ideale, l'indeterminato che egli cerca di ridurre, non riguarda che il come. Egli lascia ai filosofi l'altro ideale, quello del perché, che dispera di poter mai determinare. Credo che, ugualmente, i romanzieri sperimentali non debbano preoccuparsi della mancanza di questo genere di conoscenza, se non vogliono perdersi nelle fantasie dei poeti e dei filosofi. È già un compito abbastanza gravoso cercare di conoscere il meccanismo della natura senza affannarsi intorno alle origini di questo meccanismo. Se un giorno lo si conoscerà sarà certamente in virtù del metodo e la cosa migliore è dunque cominciare dall'inizio, dallo studio dei fenomeni, piuttosto che sperare che un'improvvisa rivelazione ci consegni il segreto dell'universo. Siamo degli operai e lasciamo ai metafisici l'incognita del perché in cui si dibattono inutilmente da secoli per fermarsi all'incognita del come, i cui margini si restringono ogni giorno davanti alla nostra investigazione. Per noi romanzieri sperimentali deve esistere un solo ideale, quello che possiamo conquistare.
Del resto, nella lenta conquista dell'ignoto che ci circonda, riconosciamo umilmente la condizione di ignoranza in cui versiamo. Cominciamo appena ad avanzare, niente altro; e la sola nostra vera forza consiste nel metodo [... ]. Ne consegue che se i medici in quasi tutti i casi devono procedere per via empirica, a maggior ragione ciò vale per i romanzieri la cui scienza è più complessa e meno definita. Non si tratta, lo dico ancora una volta, di creare in tutto e per tutto la scienza dell'uomo, come individuo e come membro sociale, si tratta di uscire a poco a poco e con tutte le esitazioni del caso, dall'oscurità in cui siamo circa noi stessi, felici quando, in mezzo a tanti errori, possiamo individuare una verità. [...]
Si è detto spesso che gli scrittori devono aprire la strada agli scienziati. È vero poiché abbiamo visto nell'Introduzione che l'ipotesi e l'attività empirica precedono e preparano la scienza, la quale si costituisce da ultimo mediante il metodo sperimentale. L'uomo ha iniziato con il tentare alcune spiegazioni dei fenomeni, i poeti hanno espresso il loro sentimento e gli scienziati poi sono venuti a controllare le ipotesi ed a determinare la verità. E sempre il ruolo dei pionieri che Claude Bernard assegna ai filosofi. Si tratta di un compito elevato che ancor oggi gli scrittori devono compiere. Ma tutte le volte che una verità è stabilita dagli scienziati, gli scrittori devono abbandonare immediatamente le loro ipotesi per conformarsi a questa verità: diversamente rimarrebbero nell'errore per partito preso, senza utilità per nessuno. In tal modo il progredire della scienza fornisce a noi scrittori un terreno solido sul quale dobbiamo poggiare per formulare nuove ipotesi. In una parola, la determinazione di un fenomeno elimina l'ipotesi sostituendola ed allora occorre dislocare l'ipotesi più oltre, nel nuovo terreno sconosciuto che si presenta. [...]
Il romanziere sperimentale è dunque quello che accoglie i fatti provati, mostrando nell'uomo e nella società il meccanismo dei fenomeni di cui la scienza è padrona, e che fa intervenire il suo sentimento personale unicamente nei fenomeni il cui determinismo non è ancora stabilito, sforzandosi di controllare il più possibile il sentimento personale, l'idea a priori, con l'osservazione e l'esperimento.
Non posso intendere in altro modo la nostra letteratura naturalistica. Non ho parlato che del romanzo sperimentale, ma sono fermamente convinto che il metodo, dopo aver trionfato nella storia e nella critica, trionferà ovunque, nel teatro ed anche nella poesia. è un'evoluzione inevitabile. La letteratura, per quanto se ne possa dire, non sta interamente nell'autore ma anche nella descrizione della natura e nello studio dell'uomo. Ora se gli scienziati modificano la conoscenza della natura, se trovano Il vero meccanismo della vita, ci costringono a seguirli ed anche ad oltrepassarli, per compiere il nostro ruolo nella formulazione di nuove ipotesi. L'uomo metafisico è morto ed il nostro terreno si trasforma interamente nell'uomo fisiologico. Indubbiamente l'ira di Achille, l'amore di Didone sono rappresentazioni eternamente belle, ma ora dobbiamo analizzare l'ira e l'amore e vedere propriamente come funzionano queste passioni nell'uomo. Il punto di vista è nuovo, ed è sperimentale invece che filosofico. In sostanza tutto si riassume in questo grande fatto: il metodo sperimentale, nelle lettere come nelle scienze, si avvia a determinare i fenomeni naturali, individuali e sociali, di cui la metafisica non aveva dato fino a questo punto che spiegazioni irrazionali e soprannaturali.
(Il romanzo sperimentale, trad. it. di I. Zaffagnini, Pratiche Editrice, 1980)
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