Già il sommo Padre, Dio architetto, aveva costruito questa dimora del mondo, che noi vediamo, tempio augustissimo della divinità, secondo le leggi dell’arcana sapienza.
Aveva ornato con le intelligenze la regione iperurania; aveva animato i globi eterei con anime eterne; aveva colmato le parti escrementizie e melmose del mondo inferiore con una turba di animali di ogni specie.
Ma, compiuta l'opera, l'artefice desiderava che vi fosse qualcuno che sapesse apprezzare il significato di tanto lavoro, che ne sapesse amare la bellezza, ammirarne la vastità.
Perciò, una volta che fu compiuta ogni cosa, come attestano Mosè e Timeo, pensò alla fine di produrre l'essere umano.
Ma tra gli archetipi non c'era alcuno su cui foggiare la nuova progenie, né c'era nei tesori qualcosa da elargire in eredità al figlio, né c'era tra i seggi di tutto il mondo un luogo dove potesse sedere questo contemplatore dell'universo.
Tutti erano ormai pieni; tutti erano stati assegnati agli ordini, sommi, medi, infimi.
Ma sarebbe stato tuttavia indegno della potestà paterna mancare a quest'ultimo atto della creazione, quasi fosse impotente; indegno della sapienza ondeggiare per mancanza di decisione in un'opera necessaria; indegno dell'amore benefico che colui che avrebbe lodato negli altri la divina liberalità fosse indotto a condannarla a suo riguardo.
Stabilì infine l'ottimo artefice che, a colui al quale non si poteva dare nulla di proprio, fosse riservato quanto apparteneva ai singoli.
Prese perciò l'uomo, opera dall'immagine non definita, e postolo nel mezzo del mondo così gli parlò:
«Non ti abbiamo dato, o Adamo, una dimora certa, né un sembiante proprio, né una prerogativa peculiare affinché avessi e possedessi come desideri e come senti la dimora, il sembiante, le prerogative che tu da te stesso avrai scelto.
Agli altri esseri una natura definita è contenuta entro le leggi da noi dettate.
Tu, non costretto da alcuna limitazione, forgerai la tua natura secondo il tuo arbitrio, alla cui potestà ti consegnai.
Ti ho posto in mezzo al mondo, perché di qui potessi più facilmente guardare attorno tutto ciò che vi è nel mondo.
Non ti abbiamo fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché come libero, straordinario plasmatore e scultore di te stesso, tu ti possa foggiare da te stesso nella forma che preferirai.
Potrai degenerare nei esseri inferiori, che sono i bruti; potrai rigenerarti, secondo la tua decisione, negli esseri superiori, che sono divini».
O somma liberalità di Dio Padre, somma e mirabile felicità dell'essere umano.
Al quale è concesso avere ciò che desidera, essere ciò che vuole".
Nessun commento:
Posta un commento