giovedì 19 dicembre 2013

istruzioni natalizie..

dormire, camminare, respirare, sognare, ingozzarsi di dolci, essere pazienti coi parenti e ..
leggere almeno 3 articoli di giornale ( da Sole 24 ore, Repubblica, Corriere della Sera)..politica internazionale, scienza, cultura, ambiente, economia.. no politica interna,please.
Distanziare  le date (non tre articoli del 4-5-6 gennaio, please) ritagliare e inserire nel quaderno gli articoli, sintetizzare individuando le 5 W, essere pronti a riferire oralmente.
Ovviamente non interrompere la relazione amorosa instaurata con Dante, ça va sans dire..

mercoledì 18 dicembre 2013

ecco, come promesso..

Il canto di Ulisse. Chissà come e perché mi è venuto in mente: ma non abbiamo tempo di scegliere, quest’ora già non è più un’ora. Se Jean è intelligente capirà. Capirà: oggi mi sento da tanto.
Chi è Dante. Che cosa è la Commedia. Quale sensazione curiosa di novità si prova, se si cerca di spiegare in breve che cosa è la Divina Commedia. Come è distribuito l’Inferno, cosa è il contrappasso. Virgilio è la Ragione, Beatrice la Teologia.
Jean è attentissimo, ed io comincio, lento e accurato:

Lo maggior corno della fiamma antica

Cominciò a crollarsi mormorando,
Pur come quella cui vento affatica.
Indi, la cima in qua e in là menando
Come fosse la lingua che parlasse
Mise fuori la voce, e disse: Quando…

Qui mi fermo e cerco di tradurre. Disastroso: povero Dante e povero francese! Tuttavia l’esperienza pare che prometta bene: Jean ammira la bizzarra similitudine della lingua, e mi suggerisce il termine appropriato per rendere “antica”.

E dopo “Quando”? Il nulla, Un buco della memoria. “Prima che sì Enea la nominasse”. Altro buco. Viene a galla qualche frammento non utilizzabile: “…la pietà Del vecchio padre, né’l debito amore Che doveva Penelope far lieta…” sarà poi esatto?Ma misi me per l’alto mare

Di questo sì, di questo sono sicuro, sono in grado di spiegare a Pikolo, di distinguere perché “misi me” non è “je me mis”, è molto più forte e più audace, è un vincolo infranto, è scagliare se stessi al di là della barriera, noi conosciamo bene questo impulso. L’alto mare aperto: Pikolo ha viaggiato per mare e sa cosa vuol dire, è quando l’orizzonte si chiude su se stesso, libero diritto e semplice, e non c’è ormai che odore di mare: dolci cose ferocemente lontane.

Siamo arrivati a Kraftwerk, dove lavora il Kommando dei posacavi. Ci dev’essere l’ingegner Levi. Eccolo, si vede solo la testa fuori dalla trincea. Mi fa un cenno con la mano, è un uomo in gamba, non l’ho mai visto giù di morale, non parla mai di mangiare.
mare aperto”. “Mare aperto”. So che rima con “diserto”: “…quella compagna Picciola, dalla qual non fui diserto”, ma non rammento più se viene prima o dopo. E anche il viaggio, il temerario viaggio al di là delle colonne d’Ercole, che tristezza, sono costretto a raccontarlo in prosa: un sacrilegio. Non ho salvato che un verso, ma vale la pena di fermarcisi:

Acciò che l’uom più oltre non si metta.

Si metta”: dovevo venire in Lager per accorgermi che è la stessa espressione di prima, “ e misi me”. Ma non ne faccio parte a Jean, non sono sicuro che sia un’osservazione importante. Quante altre cose ci sarebbero da dire, e il sole è già alto, mezzogiorno è vicino. Ho fretta, una fretta furibonda.
Ecco, attento Pikolo, apri gli occhi e la mente, ho bisogno che tu capisca:

Considerate la vostra semenza:
Fatte non foste a  viver come bruti,
Ma per seguir virtute e conoscenza.

Come se anch’io lo sentissi per la prima volta: come uno squillo di tromba, come la voce di Dio. Per un momento, ho dimenticato chi sono e dove sono.
Pikolo mi prega di ripetere. Come è buono Pikolo, si è accorto che mi sta facendo bene. O forse è qualcosa di più: forse, nonostante la traduzione scialba e il commento pedestre e frettoloso, ha ricevuto il messaggio, ha sentito che lo riguarda, che riguarda tutti gli uomini in travaglio, e noi in specie; e che riguarda noi due, che osiamo ragionare di queste cose con le stanghe della zuppa sulle spalle.

Li miei compagni fec’io sì acuti…

e mi sforzo, ma invano, di spiegare quante cose vuol dire questo “acuti”. Qui ancora una lacuna, questa volta irreparabile. “…Lo lume era di sotto della luna” o qualcosa di simile; ma prima?… Nessuna idea, “keine Ahnung” come si dice qui. Che Pikolo mi scusi, ho dimenticato almeno quattro terzine.
-ça ne fait rien, vas-y tout de meme.

Quando mi apparve una montagna, bruna
Per la distanza, e parvemi alta tanto
Che mai veduta non ne avevo alcuna.

Sì, sì, “alta tanto”, non “molto alta”, proposizione consecutiva. E le montagne, quando si vedono di lontano…le montagne…oh Pikolo, Pikolo, di’ qualcosa, parla, non lasciarmi pensare alle mie montagne, che comparivano nel bruno della sera quando tornavo in treno da Milano a Torino!
Basta, bisogna proseguire, queste sono cose che si pensano ma non si dicono. Pikolo attende e mi guarda.
Darei la zuppa di oggi per sapere saldare “non ne avevo alcuna” col finale. Mi sforzo di ricostruire per mezzo delle rime, chiudo gli occhi, mi mordo le dita: ma non serve, il resto è silenzio. Mi danno per il capo altri versi: “…la terra lagrimosa diede vento…” no, è un’altra cosa. E’ tradi, è tradi, siamo arrivati alla cucina, bisogna concludere:

Tre volte il fe’ girar con tutte l’acque,
alla quarta levar la poppa in suso
E la prora ire in giù, come altrui piacque…

Trattengo Pikolo, è assolutamente necessario e urgente che ascolti, che comprenda questo “come altrui piacque”, prima che sia troppo tardi, domani lui o io possiamo essere morti, o non vederci mai più, devo dirgli, spiegargli del Medioevo, del così umano e necessario e pure inaspettato anacronismo, e altro ancora, qualcosa di gigantesco che io stesso ho visto ora soltanto, nell’intuizione di un attimo, forse il perché del nostro destino, del nostro essere oggi qui…
Siamo oramai nella fil per la zuppa, in mezzo alla folla sordida e sbrindellata dei porta-zuppa degli altri Kommandos. I nuovi giunti ci si accalcano alle spalle. –Kraut und Ruben?- Kraut und Ruben-. Si annuncia ufficialmente che oggi la zuppa è di cavoli e rape: -Choux et navets.- Kaposzta es repark.
 Infin che’l mar fu sopra noi rinchiuso

(Primo Levi, Se questo è un uomo, Einaudi, Torino, 1976, pp. 100 - 103)




martedì 12 novembre 2013

per fortuna noi leggiamo l'originale..

Midway upon the journey of our life
I found myself within a forest dark,
For the straightforward pathway had been lost.
Ah me! how hard a thing it is to say
What was this forest savage, rough, and stern,
Which in the very thought renews the fear.
So bitter is it, death is little more;
But of the good to treat, which there I found,
Speak will I of the other things I saw there.....

giovedì 31 ottobre 2013

..e lui era Guido..

Vedut'ho la lucente stella diana
Vedut'ho la lucente stella diana,
ch'apare anzi che 'l giorno rend'albore,
c'ha preso forma di figura umana;
sovr'ogn'altra me par che dea splendore:
viso de neve colorato in grana,5
occhi lucenti, gai e pien' d'amore;
non credo che nel mondo sia cristiana
sì piena di biltate e di valore.
Ed io dal suo valor son assalito
con sì fera battaglia di sospiri10
ch'avanti a lei de dir non seri' ardito.
Così conoscess'ella i miei disiri!
ché, senza dir, de lei seria servito
per la pietà ch'avrebbe de' martiri.









ma Diana, o Lucifero, in realtà era un pianeta..






venerdì 25 ottobre 2013

lei era Compiuta Donzella, e sapeva far poesia.

A la stagion che ‘l mondo foglia e fiora
acresce gioia a tut[t]i fin’ amanti:
vanno insieme a li giardini alora
che gli auscelletti fanno dolzi canti;4

la franca gente tutta s’inamora,
e di servir ciascun trag[g]es’ inanti,
ed ogni damigella in gioia dimora;
e me, n’abondan mar[r]imenti e pianti.8

Ca lo mio padre m’ha messa ‘n er[r]ore,
e tenemi sovente in forte doglia:
donar mi vole a mia forza segnore,11

ed io di ciò non ho disìo né voglia,
e ‘n gran tormento vivo a tutte l’ore;
però non mi ralegra fior né foglia.

mercoledì 9 ottobre 2013

report OCSE

http://www.oecd.org/site/piaac/Country%20note%20-%20Italy%20(ITA).pdf

E' uscito l'ultimo report dell'OCSE sulle competenze linguistiche e matematiche nel paesi industrializzati...il link è alla parte che riguarda l'Italia; date un'occhiata all'introduzione e alle prime tabelle e poi ditemi se non ho ragione.
la prof

martedì 8 ottobre 2013

così tutto è cominciato...in una piccola isola, nel mare greco..

A me pare uguale agli Dei
che ti siede innanzi
e ode da vicino la tua
dolce voce

e l'amoroso riso. Nel petto
il mio cuore batte forte.
Ti scorgo appena, la voce
si rompe.....


mercoledì 2 ottobre 2013

rose profumate e contrastate..

http://it.wikisource.org/wiki/Rosa_fresca_aulentissima_(Einaudi)

Seguite il link e trovate la rosa..poi controllate sul vostro testo di letteratura...se non c'è stampate e portate a scuola..
attenti alle spine.
la prof

lunedì 16 settembre 2013

nuovo equipaggio!

La nave ( space shuttle? veliero? traghetto? bagnarola?) è pronta a salpare con un nuovo equipaggio...io traccerò la rotta sulle mie carte nautiche (o sullo schermo del computer di bordo..) voi deciderete la velocità...
Quindi caricatevi in spalla il sacco con l'essenziale ( bisogna imparare a viaggiare leggeri) e salite a bordo.
la prof

venerdì 19 luglio 2013

E adesso?...la vita!

E' fatta, è finita, 5 anni sono volati e adesso decisioni, cambiamenti, avventure, opportunità..
Nuovi amici, nuovi maestri..ma non cancelliamo quelli vecchi!
la prof vi abbraccia tutti, è fiera di ognuno di voi e vi augura buon viaggio.
la prof

martedì 18 giugno 2013

venerdì 31 maggio 2013

un ultimo report...

http://www.unicef.it/Allegati/Report_Card_10.pdf



Continuate a tenere d'occhio i siti delle grandi organizzazioni, e prestate orecchio ai numeri...
la prof

giovedì 2 maggio 2013

venerdì 26 aprile 2013

e in Italia Cesare Pavese.

Last blues, to be read some day.


'T was only a flirt
you sure did know-
some one was hurt
long time ago.

All is the same
time has gone by-
some day you came
some day you'Il die.

Some one has died
long time ago-
some one who tried
but didn't know.

e stampate:
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, passerò per piazza di Spagna 
1

poesia, ancora poesia..

da stampare, per lavorarci sopra..

http://libripensieri.wordpress.com/2012/02/02/possibilita-di-wislawa-szymborska/


Ogni caso
Poteva accadere.
Doveva accadere.
E’ accaduto prima. Dopo.
Più vicino. Più lontano.
E’accaduto non a te.
Ti sei salvato perché eri il primo.
Ti sei salvato perché eri l’ultimo.
Perché da solo. Perché la gente.
Perché a sinistra. Perché a destra.
Perché la pioggia. Perché un’ombra.
Perché splendeva il sole.
Per fortuna là c’era un bosco.
Per fortuna non c’erano alberi.
Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno,
un telaio, una curva, un millimetro, un secondo.
Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.
In seguito a, poiché, eppure, malgrado.
Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo
da una coincidenza.
Dunque ci sei? Dritto dall’animo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì? Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta
come mi batte forte il tuo cuore.
Wislawa Szymborska


Barbara di Jacques Prévert


Ricordati Barbara
Pioveva senza sosta quel giorno su Brest
E tu camminavi sorridente
Serena rapita grondante
Sotto la pioggia 

Ricordati Barbara
Come pioveva su Brest
E io ti ho incontrata a rue de Siam
Tu sorridevi
Ed anch'io sorridevo 
Ricordati Barbara
Tu che io non conoscevo
Tu che non mi conoscevi 
Ricordati quel giorno ad ogni costo
Non lo dimenticare
Un uomo s'era rifugiato sotto un portico
E ha gridato il tuo nome
Barbara
E sei corsa verso di lui sotto la pioggia
Grondante rapita rasserenata
E ti sei gettata tra le sue braccia 
Ricordati questo Barbara
E non mi rimproverare di darti del tu
Io dico tu a tutti quelli che amo
Anche se una sola volta li ho veduti
Io dico tu a tutti quelli che si amano
Anche se non li conosco 
Ricordati Barbara
Non dimenticare
Questa pioggia buona e felice
Sul tuo volto felice
Su questa città felice
Questa pioggia sul mare
Sull'arsenale
Sul battello d'Ouessant 
Oh Barbara
Che coglionata la guerra
Che ne è di te ora
Sotto questa pioggia di ferro
Di fuoco d'acciaio di sangue
E l'uomo che ti stringeva tra le braccia
Amorosamente
E' morto disperso o è ancora vivo 
Oh Barbara
Piove senza sosta su Brest
Come pioveva allora
Ma non è più la stessa cosa e tutto è crollato
È una pioggia di lutti terribili e desolata
Non c'è nemmeno più la tempesta
Di ferro d'acciaio e di sangue
Soltanto di nuvole
Che crepano come cani
Come i cani che spariscono
Sul filo dell'acqua a Brest
E vanno ad imputridire lontano
Lontano molto lontano da Brest
Dove non vi è più nulla 

 Jacques Prévert






giovedì 25 aprile 2013

mercoledì 24 aprile 2013

ancora in trasferta...


DIALETTICA DELL’ILLUMINISMO
L’INDUSTRIA CULTURALE

L'atrofia dell'immaginazione e spontaneità del consumatore culturale odierno non ha bisogno di essere ricondotta a meccanismi psicologici. I prodotti stessi, a partire dal più tipico, il film sonoro, paralizzano quelle facoltà perla loro stessa costituzione oggettiva. Essi sono fatti in modo che la loro apprensione adeguata esige bensì prontezza d'intuito, doti di osservazione, competenza specifica, ma anche da vietare addirittura l'attività mentale dello spettatore, se questi non vuol perdere i fatti che gli passano rapidamente davanti[…]
La violenza della società industriale opera negli uomini una volta per tutte. I prodotti dell'industria culturale possono contare di essere consumati alacremente anche in stato di distrazione. Ma ciascuno di essi è un modello del gigantesco meccanismo economico che tiene tutti sotto pressione fin dall'inizio, nel lavoro e nel riposo che gli assomiglia. Da ogni film sonoro, da ogni trasmissione radio, si può desumere ciò che non si potrebbe ascrivere ad effetto di ciascuno di essi singolarmente, ma solo di tutti insieme nella società. Immancabilmente ogni singola manifestazione dell'industria culturale riproduce gli uomini come ciò che li ha già resi l'industria culturale intera. […]

Solo l'obbligo di inserirsi continuamente, sotto le minacce più gravi, come esperto estetico nella vita industriale, ha definitivamente asservito l'artista. Un tempo essi firmavano le loro lettere, come Kant e Hume, “ servo umilissimo ”, e intanto minavano le basi del trono e dell'altare. Oggi chiamano per nome i capi di governo e sono sottomessi, in ogni impulso artistico, al giudizio dei loro principali illetterati. L'analisi data da Tocqueville cento anni fa si è nel frattempo pienamente avverata. Sotto il monopolio privato della cultura accade realmente che “la tirannia lascia libero il corpo e investe direttamente l'anima. Là il padrone non dice più: devi pensare come me o morire. Ma dice: sei libero di non pensare come me, la tua vita, i tuoi beni, tutto ti sarà lasciato, ma da questo momento sei un intruso fra noi ”. Chi non si adegua è colpito da un'impotenza economica che si prolunga nella impotenza spirituale dell'isolato. Escluso dall'industria, è facile convincerlo d'insufficienza. Mentre ormai, nella produzione materiale, il meccanismo della domanda e dell'offerta è in corso di dissoluzione, esso opera nella sovrastruttura come controllo a vantaggio dei padroni. I consumatori sono gli operai e impiegati, farmers e piccoli borghesi. La totalità delle istituzioni esistenti li imprigiona talmente corpo ed anima che essi soggiacciono senza resistenza a tutto ciò che viene loro offerto. E come i dominati hanno preso sempre la morale che veniva loro dai  signori più sul serio di questi ultimi, così oggi le masse ingannate soggiacciono, più ancora dei fortunati, al mito del successo [...]

Giudizio critico e competenza sono banditi come presunzione di chi si crede superiore agli altri, mentre la cultura democraticamente, ripartisce i suoi privilegi fra tutti […]

Ma il nuovo è che gli elementi inconciliabili della cultura, arte e svago, vengano ridotti attraverso la loro sottomissione allo scopo, ad un solo falso denominatore: la totalità dell’industria culturale. Essa consiste nella ripetizione. Che le sue innovazioni tipiche consistano sempre solo in miglioramenti della produzione di massa, non è affatto estrinseco al sistema. A ragione l’interesse di innumerevoli consumatori va tutto alla tecnica, e non ai contenuti rigidamente ripetuti, intimamente svuotati e già mezzo abbandonati. […]
Ciononostante l’industria culturale rimane l’industria del divertimento [...] L’amusement è il prolungamento del lavoro sotto il tardo capitalismo. Esso è cercato da chi vuol sottrarsi al processo di lavoro meccanizzato per essere di nuovo in grado di affrontarlo. Ma nello stesso tempo la meccanizzazione ha acquistato tanto potere sull’uomo durante il temppo libero e sulla sua felicità, determina così integralmente la fabbricazione dei prodotti di svago, che egli non può più apprendere altro che le copie e le riproduzioni del processo lavorativo stesso. […]Al processo lavorativo nella fabbrica e nell’ufficio si può sfuggire solo adeguandosi ad esso nell’ozio. Di ciò soffre inguaribilmente ogni amusement. Il piacere si irrigidisce in noia, poiché, per restare piacere, non deve costare altro sforzo, e deve quindi muoversi strettamente nei binari delle associazioni consuete. Lo spettatore non deve lavorare di testa propria: il prodotto prescrive ogni reazione: non per il suo contesto oggettivo – che si squaglia appena si rivolge alla facoltà pensante – ma attraverso segnali. Ogni connessione logica, che richieda fiato intellettuale, viene scrupolosamente evitata. Gli sviluppi devono scaturire ovunque possibile dalla situazione immediatamente precedente, e non dall’idea del tutto […]

Già oggi le opere d'arte, come parole d'ordine politiche, vengono adattate opportunamente dall'industria culturale, inculcate a prezzi ridotti a un pubblico riluttante, e il loro uso diventa accessibile al popolo come quello dei parchi.  Ma la dissoluzione del loro autentico carattere di merce  non significa che esse siano custodite e salvate nella vita  di una libera società, ma che è venuta meno anche l'ultima  garanzia contro la loro degradazione a beni culturali. L 'abolizione del privilegio culturale per liquidazione e svendita  non introduce le masse ai domini già loro preclusi, ma contribuisce, nelle condizioni sociali attuali, proprio alla rovina  della cultura, al progresso della barbarica assenza di relazioni.[…]

La cultura è una merce paradossale talmente soggetta alla legge dello scambio che non è più neppure scambiata; si risolve così ciecamente nell'uso che non è più possibile utilizzarla. Perciò si fonde con la reclame, che diventa sempre più onnipotente quanto più sembra assurda dove la concorrenza è puramente apparente.[…]

Nella società concorrenziale la reclame adempiva alla funzione sociale di orientare il compratore sul mercato, facilitava la scelta e aiutava il fornitore più abile ma finora sconosciuto a far giungere la sua merce agli interessati. Essa non solo costava, ma risparmiava tempo-lavoro. Ora che il libero mercato volge alla fine, si trincera, in essa, il dominio del sistema. Essa ribadisce il vincolo che lega i consumatori alle grandi ditte. Solo chi può pagare correntemente le tasse esorbitanti rilevate dalle agenzie pubblicitarie, e in primo luogo dalla radio stessa, e cioè chi fa già parte del sistema o viene cooptato espressamente, può entrare come venditore sullo pseudomercato. Le spese di pubblicità, che finiscono per rifluire nelle tasche dei monopoli, evitano di dover schiacciare ogni volta la concorrenza di outsiders sgraditi; garantiscono che i padroni del vapore restino entre soi, in circolo chiuso, non dissimili, in ciò, dalle
deliberazioni dei consigli economici che, nello stato totalitario, controllano l'apertura di nuove aziende o la gestione di quelle esistenti.

(Horkheimer - Adorno, Dialettica dell'illuminismo, Torino 1966; pp. 136-137, 142-144, 172-175)

lunedì 22 aprile 2013

in trasferta a Francoforte, con la prof. Balducci


L'illuminismo, nel senso piú ampio di pensiero in continuo progresso, ha perseguito da sempre l'obiettivo di togliere agli uomini la paura e di renderli padroni. Ma la terra interamente illuminata splende all'insegna di trionfale sventura. Il programma dell'illuminismo era di liberare il mondo dalla magia. Esso si proponeva di dissolvere i miti e di rovesciare l'immaginazione con la scienza. Bacone, «il padre della filosofia sperimentale»', ha già raccolto i vari motivi[…]
Benché alieno dalla Matematica, Bacone ha saputo cogliere esattamente l'animus della scienza successiva. Il felice connubio, a cui egli pensa, fra l'intelletto umano e la natura delle cose, è di tipo patriarcale: l'intelletto che vince la superstizione deve comandare alla natura disincantata. Il sapere, che è potere non conosce limiti, né nell'asservimento delle creature, né nella sua docile acquiescenza ai signori del mondo. Esso è a disposizione, come di tutti gli scopi dell'economia borghese, nella fabbrica e sul campo di battaglia, cosí di tutti gli operatori senza riguardo alla loro origine. I re non dispongono della tecnica piú direttamente di quanto ne dispongano i mercanti: essa è democratica come il sistema economico in cui si sviluppa. La tecnica è l'essenza di questo sapere. Esso non tende a concetti e ad immagini, alla felicità della conoscenza, ma al metodo, allo sfruttamento del lavoro altrui, al capitale. Tutte le scoperte che riserva ancora secondo Bacone, sono a loro volta solo strumenti: la radio come stampa sublimata, il caccia come artiglieria piú efficiente, la teleguida come bussola più sicura. Ciò che gli uomini vogliono apprendere dalla natura, come utilizzarla ai fini del dominio integrale della natura e degli uomini. Non c'è altro che tenga. Privo di riguardi verso se stesso, l'illuminismo ha bruciato anche l'ultimo resto della propria autocoscienza. Solo il pensiero che fa violenza a se stesso è abbastanza duro per infrangere i miti. […]
D'ora in poi la materia dev'essere dominata al di fuori di ogni illusione di forze ad essa superiori o in essa immanenti, di qualità occulte. Ciò che non si piega al criterio del calcolo e dell'utilità, è, agli occhi dell'illuminismo, sospetto. E quando l'illuminismo può svilupparsi indisturbato da ogni oppressione esterna, non c'è piú freno. Alle sue stesse idee sui diritti degli uomini finisce per toccare la sorte dei vecchi universali. Ad ogni resistenza spirituale che esso incontra, la sua forza non fa che aumentare.”
(M. Horkheimer - Th. W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, a cura di R. Solmi, introduzione di C. Galli, Einaudi, Torino 1997, pp. 12-14)


In un racconto omerico è custodito il nesso di mito, do minio e lavoro. Il dodicesimo canto dell'Odissea narra del passaggio davanti alle Sirene. […] La sua via fu quella dell'obbedienza e del lavoro, su cui la soddisfazione brilla eternamente come pura apparenza, come bellezza impotente. Il pensiero di Odisseo, ugualmente ostile alla propria morte e alla propria felicità, sa di tutto questo. Egli conosce due sole possibilità di scampo. Una è quella che prescrive ai compagni. Egli tappa le loro orecchie con la cera, e ordina loro di remare a tutta forza. Chi vuol durare e sussistere, non deve porgere ascolto al richiamo dell'irrevocabile, e può farlo solo in quanto non è in grado di ascoltate. E' ciò a cui la società ha provveduto da sempre. Freschi e concentrati, i lavoratori devono guardare in avanti, e lasciar stare tutto ciò che è a lato. L'impulso che li indurrebbe a deviare va sublimato - con rabbiosa amarezza in ulteriore sforzo. Essi diventano pratici. L'altra possibilità è quella che sceglie Odisseo, il signore terriero, che fa lavorare gli altri per sé. Egli ode, ma impotente, legato all'albero della nave, e piú la tentazione diventa forte, e piú strettamente si fa legare, così come, piú tardi, anche i borghesi sì negheranno piú tenacemente la felicità quanto più - crescendo la loro potenza - l'avranno a portata di mano. Ciò che ha udito resta per lui senza seguito: egli non può che accennare col capo di slegarlo, ma è ormai troppo tardi: i compagni, che non odono nulla, sanno solo del pericolo del canto, e non della sua bellezza, e lo lasciano legato all'albero, per salvarlo e per salvare sé con lui. Essi riproducono, con la propria, la vita dell'oppressore, che non può piú uscire dal suo ruolo sociale. Gli stessi vincoli con cui si è legato irrevocabilmente alla prassi, tengono le Sirene lontano dalla prassi: la loro tentazione è neutralizzata a puro oggetto di contemplazione, ad arte. L'incatenato assiste ad un concerto, immobile come i futuri ascoltatori, e il suo grido appassionato, la sua richiesta di liberazione, muore già in un applauso. Cosí il godimento artistico e il lavoro manuale si separano all'uscita dalla preistoria. L'epos contiene già la teoria giusta. Il patrimonio culturale sta in esatto rapporto col lavoro comandato, e l'uno e l'altro hanno il loro fondamento nell'obbligo ineluttabile del dominio sociale sulla natura.
(M. Horkheimer - Th. W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo, a cura di R. Solmi, introduzione di C. Galli, Einaudi, Torino 1997, pp. 39-43)




sabato 20 aprile 2013

900 ...poesia, poesia!!!

http://www.needfulthings.it/poesie.htm

Sono quella che sono
Sono fatta così
Se ho voglia di ridere
Rido come una matta
Amo colui che m'ama
Non è colpa mia
Se non e sempre quello
Per cui faccio follie
Sono quella che sono
Sono fatta così
Che volete ancora
Che volete da me
Son fatta per piacere
Non c'e niente da fare
Troppo alti i miei tacchi
Troppo arcuate le reni
Troppo sodi i miei seni
Troppo truccati gli occhi
E poi
Che ve ne importa a voi
Sono fatta così
Chi mi vuole son qui
Che cosa ve ne importa
Del mio proprio passato
Certo qualcuno ho amato
E qualcuno ha amato me
Come i giovani che s'amano
Sanno semplicemente amare
Amare amare...
Che vale interrogarmi
Sono qui per piacervi
E niente può cambiarmi
Jacques Prévert

e Wislawa, Cesare, Federico.....



sabato 23 marzo 2013

we shall go on to the end..

http://www.winstonchurchill.org/learn/speeches/quotations/famous-quotations-and-stories

sabato 16 marzo 2013

inaspettato, come un amico che ritorna..

http://www.youtube.com/watch?v=cPOKXfHOuw4
http://www.youtube.com/watch?v=lA7Xa2ANx2c



prezioso, senza commento.
la prof

venerdì 8 marzo 2013

solo un assaggio...


L'ombra dell'anima mia

L'ombra dell'anima mia
fugge in un tramonto di alfabeti,
nebbia di libri
e di parole.

L'ombra dell'anima mia!

Sono giunto alla linea dove cessa
la nostalgia,
e la goccia di pianto si trasforma
in alabastro di spirito.

(L'ombra dell'anima mia!)

Il fiocco del dolore
finisce,
ma resta la ragione e la sostanza
del mio vecchio mezzogiorno di labbra,
del mio vecchio mezzogiorno
di sguardi.

Un torbido labirinto
di stelle affumicate
imprigiona le mie illusioni
quasi appassite.

L'ombra dell'anima mia!

E un'allucinazione
munge gli sguardi.
Vedo la parola amore
sgretolarsi.

Mio usignolo!
Usignolo!
Canti ancora?
-- Federico García Lorca 
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-d-autore/poesia-89095?f=a:292>

domenica 20 gennaio 2013

l'immagine che cercavo..

questa è l'immagine di cui vi avevo parlato: la fila dei disperati davanti ad un cartellone che pubblicizza un'auto, e afferma:
non c'è vita migliore di quella americana..

giovedì 17 gennaio 2013

Tolstoj, la rivoluzione, Gandhi, l'Italia coloniale , i pattini..

Lenin nel 1908 scrisse un articolo intitolato Tolstoj specchio della rivoluzione russa ed affermò: "nelle opere di Tolstoj sono espresse la forza e la debolezza, la potenza e la limitatezza precisamente del movimento contadino di massa. La protesta ardente, appassionata, spesso implacabilmente rude di Tolstoj contro il governo e la chiesa ufficiale poliziesca riflette lo spirito della democrazia contadina primitiva, nella quale secoli di servitù della gleba, d'arbitrio e di spoliazione burocratica, di gesuitismo bigotto,, d'inganno e di furfanteria hanno accumulato montagne di collera e di odio... Effettivamente esprime la svolta avvenuta nelle idee di milioni di contadini che erano appena usciti dalla servitù della gleba per diventare liberi e vedevano che quella libertà significava nuovi orrori, la rovina, la morte per fame...".
Tolstoj era instancabile, fu in contatto con Gandhi che perseguiva la libertà dell'India e da lui fu molto influenzato, criticò l'avventura coloniale dell'Italia..(lettera agli Italiani 1896).
Ma quello che ci piace di più è il Tolstoj della battaglia di Borodino, di Anna che pattina ..